La Costituzione dei bambini

Anna Sarfatti, autrice del testo La Costituzione raccontata ai bambini, Mondadori 2006

"Avete mai sentito parlare di Costituzione? Che cos’è?" chiedo ai bambini che incontro a scuola,
in libreria o in biblioteca.
Spesso i bambini ne hanno già parlato con gli insegnanti e mi rispondono con una qualche
cognizione di causa, in base alla loro età.
Ma a volte non sanno cosa dire, e allora improvvisano. Mi hanno colpito due risposte, tra le
tante ascoltate. Un bambino di 5 anni (scuola dell’infanzia) ha detto: "E’ come una
costruzione". Una bambina di quinta primaria: "E’ una donna che si fa pagare per fare
all’amore". Entrambi si sono lasciati guidare dal suono e paradossalmente il più piccolo si è
avvicinato di più al senso. Nessuno dei due sapeva che cos’è la/una Costituzione: del tutto
naturale per un cinquenne, un po’ meno per una bambina di dieci anni.

Sono tanti gli spunti di riflessione che raccolgo in questi incontri e che mi riprometto di
approfondire. Molti altri spunti vengono dai bambini della mia classe. Non è facile, ordinare
tanto materiale diverso mi inquieta, mi sgomenta.
Così ho deciso di partire dalla pista che sembra più superficiale ma non lo è, quella del
linguaggio.

A proposito del linguaggio della Costituzione, Tullio De Mauro scrive che solo il 7,87% del testo
della Costituzione è costruito con vocaboli non di base. Due fattori - alta percentuale di
vocaboli di base e brevità dei periodi - danno un alto livello di leggibilità alla Costituzione. Che
quindi può raggiungere, sia pure con una lettura assistita e spiegata, tutta la popolazione con
almeno la licenza elementare. Nello stesso saggio De Mauro sottolinea "l’eccezionalità
linguistica della Costituzione rispetto alla frustrante illeggibilità del corpus legislativo
italiano."(1)

Dunque tutti possono comprendere la Costituzione, tutti quelli che abbiano conseguito la
licenza elementare. E prima, negli anni di scuola primaria?

Per cominciare ho verificato sul vocabolario di base la presenza di alcuni termini che avrei
usato.
Per portare solo alcuni esempi ho scoperto che:
- fanno parte delle 2000 parole del vocabolario fondamentale (le più usate): repubblica, diritto
e dovere;
- fanno parte del vocabolario di alto uso: giustizia, libertà, pace, rispetto, dignità;
- sono ad alta disponibilità (dette o scritte raramente ma pensate con frequenza): votazione e
referendum;
- ripudiare, tutelare, monarchia, uguaglianza non fanno parte del vocabolario di base.

E’ una piccola ricerca: inutile? A me è servita per pensare le parole della Costituzione
mettendomi dalla parte di chi si appresta a leggerle per la prima volta, e ancora in fase di
formazione linguistica.

Quest’anno insegno in una quarta primaria; seguo questo gruppo di bambini fin dalla prima. In
seconda ho avviato un percorso di avvicinamento alla Costituzione, con la curiosità e l’emozione
che guidano ogni progetto "sperimentale" e con la cautela che richiede una materia
così complessa e delicata.
Sono partita da una convinzione: che essendo la Costituzione il testo fondamentale della
cittadinanza, i bambini devono cominciare a conoscerla presto.
Per presentare la Costituzione ho parlato loro del referendum monarchia/repubblica e, nel
modo più semplice che mi riusciva, della differenza che passa tra un popolo guidato da un re
ed uno governato da uomini e donne come gli altri, scelti dal popolo.
"Ma il re è buono!" ha protestato Massimo e una compagna gli ha fatto eco.
Cresciuti con i libri di favole che hanno popolato il loro immaginario di re e regine imperiosi e
affascinanti, e di semplici sudditi che li servono con obbedienza, i bambini hanno accolto con sorpresa questo libro che racconta di cittadini e cittadine che hanno scelto di liberarsi del re e
di scrivere e poi rispettare regole uguali per tutti.
Per un attimo, vista la reazione di alcuni bambini, ho provato un leggero senso di colpa, ma
l’ho superato aiutandoli a distinguere tra mondo fantastico e realtà.
Abbiamo parlato della differenza che passa tra obbedienza e rispetto, tra ordini e regole.
Ho parlato del referendum, della scelta che gli italiani hanno fatto nel 1946. Quando hanno
capito mi hanno chiesto di fare il nostro referendum. Dopo il voto, lo spoglio. La repubblica ha
vinto 18 a 1. Massimo aveva votato monarchia.
"Perché la preferisci?" ho chiesto, sicura che per lui il fascino del re prevalesse su qualsiasi
altro argomento.
"No, io non volevo il re, e siccome re-pubblica comincia con re, ho votato monarchia!"
Mi sono accorta in quel momento che repubblica come referendum cominciano con la sillaba re!
Ecco, da qui è cominciato il nostro comune cammino: dal comprendere che nulla dovevamo
dare per scontato, ma ogni nuovo termine proposto andava scoperto, approfondito, riempito di
significato.

Una mattina, sempre in seconda, ho letto: "Articolo 1: L’Italia… già, l’Italia. Chi di voi sa cos’è
l’Italia?"
"E’ tutta quella nella carta!" e indicano la carta appesa alla parete.
"E’ dove c’è la Roma!"
Per alcuni la cultura del calcio impera.
Ancora adesso, in quarta, Roma (capitale) e la Roma (squadra) vengono usate da alcuni con
una certa indifferenza. Come pure "votare" e "mettere i punti". "Fare il tifo" e "scegliere".
Quasi sicuramente in casa parlano più di calcio che di politica.

E andiamo avanti con le scoperte. Cittadino: chi è un cittadino o una cittadina?
"Quelli che abitano nelle città", mi hanno risposto in seconda. "E voi siete cittadini?". Il sì non è
scontato, Tavarnuzze non è una città.
Ma anche tra i bambini di quinta c’è ancora chi non ne è certo.
"Chi abita in campagna non è cittadino", ha affermato sicuro un bambino di terza. Mentre
ragazzi più grandi, già alle medie, mi hanno spiegato la differenza tra abitante e cittadino, che
avevano appreso nel corso di un incontro con il loro Assessore.
"Io posso essere cittadino di Italia e del mio paese?" mi ha chiesto un bambino iraniano di
quinta.

Articolo 11: "L’Italia ripudia la guerra…". Nessuno conosce questo termine. Ne spiego il
significato col vocabolario: "dichiarare di non voler più accettare". Ribadisco quel più, mai più.
Racconto loro che inizialmente si era scritto "rinunzia alla guerra", ma in seguito questo
termine è stato modificato. "Che differenza c’è secondo voi tra queste due parole, ripudia e
rinunzia?" Annamaria risponde: "Io ho rinunciato al gelato perché la mamma mi ha detto che
ho mal di pancia".
Negli anni successivi abbiamo ripreso questo discorso. Ora a loro è chiaro cosa significa il
termine ripudia, e qualcuno ricorda bene il dettato dell’articolo. Certo, manca lo studio della
storia moderna e contemporanea a supportare tanti discorsi. Ma le notizie di attualità apprese
dalla televisione aiutano a capire cosa vuol dire essere in guerra e sapere che l’Italia ha scelto
di ripudiarla è formativo.

In seguito, in terza, incontriamo due termini, diritto e dovere, che ci danno da fare. Indago: i
bambini conoscono il diritto di giocare e fare ricreazione e il dovere di studiare. Da qui
partiamo, finché qualcuno propone che c’è anche un diritto di studiare, e allora i giochi si fanno
più difficili.
Chiedo: "E’ sempre vero che a un diritto corrisponde un dovere?" C’è chi dice: "Io ho il diritto
di imparare, tu hai il dovere di insegnare…". Ma arriviamo a renderci conto che i soggetti sono
diversi, in un caso è il bambino e in un altro l’insegnante. Non è facile, ma l’esercizio è
interessante.
"Io ho il diritto di imparare e ho anche il dovere di studiare; tu hai il dovere di insegnarmi, ma
hai anche il diritto di essere ascoltata".

Quest’anno, in quarta, a proposito dell’art. 5 "La repubblica, una e indivisibile, riconosce e
promuove le autonomie locali…". Yari commenta la nostra conversazione e conclude: "Se un
bambino ha un paese povero ha diritto di andare in un paese abbastanza ricco". Non è un
commento pertinente al tema dell’articolo, ma per spiegarlo ho parlato di come bambini di
regioni diverse facciano tutti parte dell’Italia e debbano rispettarsi e volersi bene. E Yari,
cittadino del mondo, ha giustamente ampliato questo concetto.

Ho accennato alla conversazione sull’articolo 5, in cui ho parlato di indivisibilità e di
decentramento. Temi difficili, parole sconosciute.
Alla fine, trovo un riscontro nel commento di Tommaso:
"… L’organizzazione della Repubblica Italiana è tipo quella della scuola: infatti la preside si
occupa delle cose più importanti e ogni scuola del comune si occupa da sola delle cose più
piccole. Il presidente è come la preside e ogni scuola è come una regione."
Ma prendo atto della difficoltà dai commenti dei più. Tra l’altro noto che su 20 commenti, solo
Gaia parla espressamente di indivisibilità: "Io sono d’accordo che la Repubblica è una sola e
che sia indivisibile come le regioni. Ma io sono d’accordo anche che la capitale dell’Italia decida insieme agli altri cittadini, però è anche giusto che tipo a Tavarnuzze i soldi che gli danno li possono usare come vogliono".

In terza propongo il tema della parità dei diritti di uomini e donne, bambini e bambine. A
conclusione della nostra conversazione Sofia scrive: "Secondo me non è giusto che i bambini o
le persone dicono a altri bambini o altre persone che giochi con la roba da femmine o la roba
da maschi, ognuno è degno di fare quello che gli pare".
Mi colpisce l’affacciarsi di quel "degno".
Come mi aveva colpito in seconda la parola "pace" nel commento di Luana all’articolo 3: "Oggi
ho capito che non si deve offendere la gente e nemmeno gli animali. Come alla mia canina
l’hanno offesa perché è piccolina ma che c’è di male. La pace è molto bella".
E’ frequente incontrare nei loro testi parole come giustizia, libertà, pace, rispetto, dignità; a
volte usate anche un po’ a sproposito, oppure aggiunte in calce ai testi a lettere maiuscole,
tipo "VIVA LA LIBERTA!".
Sono quei vocaboli definiti nel vocabolario di base di alto uso, ed in effetti loro li usano. Ho
però la sensazione che ancora siano per loro abbastanza indistinti, anche se tutti carichi di
valori positivi.

Riporto da Gustavo Zagrebelsky: "Essendo la democrazia una convivenza basata sul dialogo, il mezzo che permette il dialogo, cioè le parole, deve essere oggetto di una cura particolare,
come non si riscontra in nessuna altra forma di governo. Cura duplice: in quanto numero e in
quanto qualità. (…) Il dialogo, per essere tale, deve essere paritario. Se uno solo sa parlare, o
conosce la parola meglio di altri, la vittoria non andrà all’argomento, al logos migliore, ma alla persona più abile con le parole, come al tempo dei sofisti. Ecco perché la democrazia esige una certa uguaglianza – per così dire – nella distribuzione delle parole". E prosegue citando da Lettera a una professoressa: "E’ solo la lingua che fa eguali. Eguale è chi sa esprimersi e intende l’espressione altrui.
Che sia ricco o povero importa di meno
". (2)

In effetti il mio metodo di avvicinamento alla Costituzione è principalmente basato sul dialogo.
L’obiettivo che mi pongo è che i bambini la conoscano, sappiano che c’è, ne ricordino alcuni
principi fondamentali, comincino ad interrogarsi su alcuni di questi esprimendo un proprio
sentire, prima ancora che pensare. Le vogliano bene perché protegge i nostri diritti.

Qualche giorno fa abbiamo festeggiato il compleanno della Costituzione. Un pandoro con sei
candeline e un coro di "Tanti auguri a te!". Poi i regali, disegni e scritti.

Cara Costituzione, ti ringrazio molto, ma soprattutto ringrazio chi ha votato la repubblica
perché è grazie a loro che è stata inventata la Costituzione. Io faccio i miei complimenti a chi
l'ha scritta e a chi gli è venuto in mente di inventare la nostra salvatrice la Costituzione la mamma di tutte le cose più importanti del mondo tipo la libertà, non fare la guerra, il rispetto
ecc... Nel Gennaio 1948 è nata la Costituzione. Auguri per i tuoi nuovi 60 anni.

Filastrocca per la Costituzione

La Costituzione è come una mamma

ormai nonna

E' la legge più grande del mondo

perché comprende tutte le regole.

Viva la Costituzione

con tutto il suo lavorone.

Per lavorone intendo che lei c'ha

da tenere buona tutta l'Italia

complimentissimissimissimi Costituzione

Auguri di nuovo da parte di

Federica

In questo resoconto ho scelto di prestare attenzione alle parole usate dai bambini; ma chi
legge avrà colto anche il valore dei contenuti. Raccogliendo tutti i commenti ascoltati potrei
riscrivere la Costituzione dei bambini. Mi riferisco ad esempio all’indignazione di Luana perché
le hanno offeso la canina; all’ingiustizia rilevata da Sofia quando si classificano i giochi o gli
indumenti in maschili e femminili, limitando la possibilità di scelta di ciascuno; all’auspicio di
Yari che ogni bambino possa vivere in un paese abbastanza ricco; alla splendida sintesi di
Federica che definisce la Costituzione mamma della libertà.
Sono contenuti importanti che meritano una riflessione attenta: conto di farlo presto.

Dice il proverbio: Tra il dire e il fare di mezzo c’è….
Parlare di diritti e libertà, di dignità e uguaglianza, non mi autorizza a dire che abbiamo
intrapreso un percorso che si attiene ai principi costituzionali, perché parlarne non basta.
Contano soprattutto le condizioni che riusciamo a creare perché i bambini possano esprimersi
liberamente, un ambiente formativo non autoritario, un atteggiamento sperimentale dell’adulto, un impegno continuo per cercare di rimuovere gli ostacoli che impediscono lo sviluppo delle personalità di alcuni bambini. Che non sono proprietà dei genitori, né della scuola, né dello Stato, ma soggetti che hanno dei diritti e vanno difesi. Condivido queste indicazioni tratte da un interessante studio di Anna Masala sull’opera educativa di Lodi, maestro della Costituzione. (3)
Anche queste mi riprometto di approfondire, verificandole nella pratica del mio lavoro sulla
Costituzione.

Essere in cammino per me è proprio questo: partire, viaggiare, fermarsi per controllare la
mappa e dire noi siamo qui.


(1) Tullio De Mauro, Introduzione alla Costituzione della Repubblica Italiana (1947), Utet 2006, premio Strega speciale alla Costituzione in occasione del sessantesimo anniversario
(2) Gustavo Zagrebelsky, Imparare democrazia, Einaudi 2005
(3) Anna Masala, Mario Lodi maestro della Costituzione, Edizioni Junior 2007